E’ sempre più confermato che a determinare il rischio cancro colo-rettale è un insieme di elementi tra loro strettamente concatenati: dieta, microbiota, vitamina D e infiammazione. L’alterazione di tale equilibrio aggrava pesantemente il pericolo della malattia. A sottolinearlo, una ricerca coordinata dall’Istituto europeo di oncologica di Milano e pubblicata su Nutrients.
Si tratta di uno studio condotto su 32 soggetti affetti da Cancro colo-rettale e 36 controlli sani i cui risultati non solo confermano che la malattia è correlata a complesse interazioni ospite-ambiente, ma dimostrano che l’insieme di stile di vita, biomarcatori sierici e microbiota può rappresentare un indicatore in grado di migliorare significativamente la capacità clinica di discriminare soggetti sani da pazienti con tumore.
A inizio studio, tutti i partecipanti sono stati sottoposti ad un prelievo di sangue per la valutazione dei livelli di 25-idrossivitamina D (25-OHD), proteina C-reattiva, Igf-II, Igfbp-3, Il-6, leptina, adiponectina e zonulina e di un campione di feci per un’analisi del microbiota intestinale. Le abitudini alimentari sono state indagate attraverso un questionario in cui veniva registrato il consumo settimanale di determinati gruppi di alimenti (latte e yogurt; pane, pasta e cereali; carne e prodotti a base di carne; formaggio; pesce; uova; verdure; frutta; dolci, pasticcini e biscotti).
“Chi non seguiva le linee guida dietetiche del World Cancer Research Fund International ha mostrato un rischio significativamente più elevato di sviluppare il Cancro colon-rettale. In questi casi, si è riscontrato anche uno stato infiammatorio generale più spiccato e una riduzione dei livelli ematici di zonulina, proteina chiave delle tight junctions degli enterociti il cui malfunzionamento è associato a disbiosi, come dimostrato da una maggiore prevalenza di ceppi batterici patogeni quali Fusobacterium nucleatum, e Clostridium ramosum. Viceversa, chi seguiva una dieta più sana presentava una maggiore prevalenza di ceppi in grado di favorire l’omeostasi intestinale, come quelli appartenenti al genere Anaerostipes, che producono butirrato, composto con proprietà antinfiammatorie e antineoplastiche. Un utile indicatore di rischio sembra essere anche il rapporto Bifidobatteri/Escherichia coli sbilanciato a favore di quest’ultimo. Interessante, poi, la correlazione inversa tra incidenza di malattia e consumo di pesce grasso. Sappiamo, infatti, che gli acidi grassi polinsaturi del pesce hanno la capacità di regolare la proliferazione cellulare e l’apoptosi in linee cellulari di cancro del colon-retto umano, così come è noto che il pesce grasso è una buona fonte di vitamina D, a sua volta dotata di proprietà antinfiammatorie e antitumorali.
Nel suo insieme, la ricerca evidenzia come dieta, microbiota, vitamina D, infiammazione e adipochine siano fortemente interconnessi tra loro e lo squilibrio di uno o più fattori può contribuire all’incidenza e alla prognosi della malattia. Ulteriori studi potrebbero aiutare nella messa a punto di innovativi strumenti di screening e stratificazione del rischio”.
Fonti: Alimentazione e Nutrizione